Ore 21: con grande entusiasmo e l'almanacco sottobraccio mi recai al CAI, ne mostrai la figura proponendo chi se la sentiva di scalare con me questa montagna, ci fu qualche sorriso di commiserazione, qualcuno mi diede una fraterna pacca sulle spalle, "Hai 18 anni, sei giovane, non montarti la testa, non è roba per noi (ah... questi giovani)"; di quelli "grandi" solo uno mi si avvicinò: "la tua idea non è male, possiamo allenarci e tentare di farlo insieme" era Paolino Galimberti.
Per tutta la primavera e l'estate ci allenammo duramente sulle nostrane pareti di roccia. Si decise di compiere la scalata ai primi di agosto (periodo di ferie).
Era la fine di luglio, quando una brutta sera, recandomi al CAI notai uno strano trambusto, ne chiesi il motivo "Ma non lo sai? Paolino ha scalato il Cervino!" "Come??!! Ma se dovevamo farlo insieme?". Appena lo vidi ne chiesi spiegazione, la sua risposta fu "Ma, sai, farlo da soli comportava qualche rischio, così ho deciso di farlo con la guida e visto che porta un solo cliente non ho neanche pensato di avvisarti." . A queste parole rimasi molto, ma molto male.
"E adesso con chi salgo?" (di rinunciare neanche per idea!) "Mi dici almeno con chi l'hai fatto?"
"Con Gabriele Pession, quel ragazzo da te incontrato alla capanna Gnifetti alcuni anni fa" (oggi guida alpina).
9 AGOSTO 1948: Prendo zaino, picozzino, ramponi e corda. Parto da solo in treno, destinazione Chatillon (Val d'Aosta).
Superati i primi tornanti (a bordo della corriera che da Chatillon porta al Breuil) improvvisamente appare alta nel cielo la vetta del Cervino. Subito mi resi conto di quanto arduo sarebbe stato il poterla scalare.
Arrivati al Breuil (Cervinia, allora piccolo villaggio) chiesi di Gabriele, fortunatamente lo trovai subito, mi riconobbe ancora. "Te la senti di salire con me sul Cervino?" "Quando?" "Subito, adesso". Rimase un attimo sorpreso, poi sorridente mi strinse vigorosamente la mano "D'accordo!".
Entrò in una baita, gridò qualcosa in patois, ne uscì quasi subito con zaino in spalla e picozzino.
Sono le 18.00, risaliamo in funivia sino al Plan Maison, da qua con passo veloce ci avviamo verso il rifugio Oriondè, entriamo nel fumoso locale, alcuni alpinisti sono seduti ai tavoli; carichiamo in spalla due piccoli fasci di sterpi (per la stufa), risaliamo le prime balze innevate della Testa del Leone, la serata è limpidissima. Superato il ripido diedro della Cheminée, al chiaro di luna ci arrampichiamo lungo alcune ripide placche.
Ore 22.00, siamo al rifugio Luigi Amedeo (oggi rifugio Carrel), vi troviano due alpinisti austriaci e la provvidenziale stufa già accesa.
Ore 5.00 del 10 agosto, vengo leggermente strattonato "Sveglia!". Nel locale semibuio, dimenticando di essermi sdraiato al piano superiore del pagliericcio, mi alzo di scatto ... ohi, che male! E' la più tremenda testata che io ricordi di aver mai preso, picchiando in una trave.
Ancora indolenzito esco sul ballatoio a fare "pipì": maledizione! Sta nevicando!
Ora esce anche Gabriele, mi guarda sconsolato, allarga le braccia: "E' meglio ritornare indietro" "E' un anno che mi sto preparando, non ho altri giorni di ferie, il tempo in montagna è mutevole, magari tra poco potrebbe uscire il sole". Cerco di convincerlo a proseguire, mi guarda, poco convinto, tira un sospiro "Beh, proviamo".
Si sale molto velocemente verso il Pik Tindal, fa un freddo boia, ci si arrampica con le mani intirizzite, il viso sferzato da raffiche di neve ghiacciata e pochissima visibilità. Raggiungiamo e sorpassiamo la sottile, aerea crestina del Pik Tindal, siamo di nuovo in parete, a picco sopra un levigatissimo lastrone, la Scala Jordan (formata da piuoli di legno tenuti insieme da corde di canapa) penzola nel vuoto. Normalmente con un piccolo lancio nel vuoto ci si arriva ad aggrappare, ma ora, con le corde incrostate di neve ghiacciata e lo spazio tra uno scalino e l'altro ridottissimo proseguire diventa un grande problema.
Faccio sicurezza, con l'aiuto di qualche colpo di picozzino sale per primo Gabriele, a sua volta mi fa sicurezza, poco convinto mi lancio, manco la presa, sento un forte strattone in vita, sto penzolando sospeso nel vuoto, con uno sforzo riesco ad afferrare uno scalino (è andata bene!).
Arrampichiamo ancora, ormai saremo attorno ai 4.500 metri di quota, improvvisamente smette di nevicare e... miracolo! nel più bel sereno a pochi metri si staglia (candida di neve) la croce messa sulla vetta ... Ce l'abbiamo fatta.
Sono le 7.00 passate da poco, Gabriele si complimenta, dal rifugio alla vetta in circa 2 ore, "Fantastico!" (calcolando che il tempo ufficiale è di circa 4 ore). Una stretta di mano, quattro magnifiche foto e giù per la più facile cresta nord/est (lato Zermatt), su questo tragitto nessuna corda fissa, passiamo di fianco alla lapide in memoria della sciagura che accadde il giorno stesso della conquista da parte dell'inglese Wimper. A mt. 4.000 raggiungiamo il rifugio Hörnly, qui ci beviamo un paio di birre, scrivo una cartolina a casa (mai arrivata!). Poi attraversando il ghiacciaio (alla base della parete est) raggiungiamo il colle del Fürggen e da qui di nuovo giù fino al Breuil (durante tutta la traversata non abbiamo incontrato anima viva).
Ci salutiamo, Gabriele è entusiasta per il tempo record impiegato durante la traversata, vuole strapparmi la promessa di ritornare l'anno prossimo a rifare la salita per la cresta del Fürggen (promessa mai mantenuta).
Ci saremmo visti vent'anni dopo a Cervinia, eravamo cambiati, ma mi ricordò come il compagno più veloce della sua carriera e mi offrì una tessera e un distintivo del Club Amici del Cervino.
Negli anni '90 ripetei il medesimo itinerario in compagnia dell'amico Piero Tosi, arrivato a Cervinia mi recai subito a casa di Gabriele per salutarlo, vi trovai il figlio, alla domanda dov'era suo padre mi fece un cenno verso l'alto "E' salito sul Cervino?" chiesi felice, "No! Più in alto..." mi rispose il figlio, "Ho capito!" dissi e lo lasciai mentre un velo di tristezza gli scendeva sul viso.
Ora, di fianco a noi, zaino e corde in spalla, naso rivolto all'insù "sfrecciano" due giovani, entusiastici tedeschi, chissà se raggiungeranno la vetta?
Giancarlo Colla